IN VIAGGIO CON FRANCESCO

16.11.1993

Tratto da un MC allegato al n. 2/’94

di “Tutto Musica & Spettacolo”

Intervista registrata in un bar

di Milano da Ubaldo Borchini e

Fabrizio Zanuttini

 

 

 

DE GREGORI:… “Do the chairs and your partner seem empty and bare?”…(canticchia “Are you lonesome tonight” di Elvis Presley)

INTERV.:…E questa è un’altra occasione per incontrare gli amici di Radio Tutto. Con noi c’è Francesco De Gregori e con lui faremo questo viaggio in musica, ma soprattutto parole che spiegano la musica. Senti Francesco, intanto vuoi fare un saluto ai nostri amici di Radio Tutto?

DE GREGORI: Beh, io sono felice di poter parlare con loro, è un mezzo meccanico, un po’ strano questo parlare adesso per una cassetta che poi verrà messa nelle edicole non subitissimo, no?

INTERV.: Fra un paio di mesi…

DE GREGORI: Però è un contatto strano, ma è un contatto sicuramente vero.

INTERV.: Fra un paio di mesi saremo di nuovo alle porte dell’ennesimo Festival di San Remo. Mi sembra che tu quando puoi, non perdi occasione per attaccarlo questo festival. Ma è davvero così negativo per la musica italiana? E’ davvero così importante parlarne?

DE GREGORI: Questa è una bella domanda…e in effetti chi lo sa? Magari è sbagliato parlarne male e tanto, forse non bisognerebbe parlarne per niente. Apparte che io sono stato segnato quando ero ragazzo, dal suicidio di Tenco, che avvenne al festival di San Remo e che secondo me lascia un ombra scura su questo festival.Poi ho sempre detto che non rappresenta la musica italiana vera, infatti se tu guardi quelli che sono oggi in Italia le persone che fanno musica che viene ascoltata e comprata, non sono per la maggior parte sovrapponibili a quelli che vanno a San Remo. E poi quest’anno c’è questa cosa che Baudo e Maffucci dicono che “quest’anno il Festival è trasparente”, vabbè, ma allora ci dicessero perché non era trasparente quello di anni prima, perché poi ci vanno sempre loro di mezzo, cioè c’erano sempre Baudo e Maffucci anche negli anni scorsi, quindi, come fanno loro a dire “quest’anno è trasparente”? Gli altri anni no, vabbè, diteci perché, vogliamo saperlo. Al limite vogliamo sapere perché Tenco si è ammazzato, forse qualcuno lo sa e ce lo dicesse a questo punto.

INTERV.: Allora Francesco, se il Festival di San Remo “non ride”, anche la canzone d’autore un po’ piange, nel senso che ci sono anche dei denigratori della canzone d’autore, per esempio, dico un nome altisonante, Mogol, un grande autore di versi, lo conosciamo per la sua collaborazione soprattutto con Battisti, ma grande autore di versi, o paroliere, come si diceva una volta. Ecco Mogol ha in qualche modo criticato la canzone d’autore, la più attuale, accusandola di aver rovinato la musica leggera, quasi come un qualche cosa che ha soffocato la musica per dare più spazio alla parola. Questo cosa ti fa pensare?

DE GREGORI: Ma guarda, io devo dire una cosa, secondo me Mogol ha rappresentato moltissimo per la musica italiana, e tutt’ora rappresenta moltissimo per la musica italiana. Io ho grande rispetto per Mogol, ha scritto delle canzoni straordinarie insieme a Battisti e qua e là anche senza Battisti. Quindi, anche se lui ha avuto delle asprezze polemiche verso il mondo della canzone d’autore, che magari non condivido, non me la sento di rispondere in maniera polemica a Mogol. Comunque fa un annotazione che non è poi del tutto sbagliata, che i cantautori e la canzone d’autore ha messo un po’ in ombra il ruolo dell’ interprete, non esiste più l’interprete. Oggi se uno scrive una bella canzone se la canta anche da solo, difficilmente la da ad un cantante o a una persona che è soltanto interprete.

Però forse, questa è colpa anche della mancanza di interpreti, io non sento grandi interpreti in giro e quindi è un po’ il cane che si morde la coda, forse Mogol vorrebbe che io smettessi di scrivere canzoni soltanto per cantare canzoni di altri, ma preferisco continuarmele a scrivere. Lo dico senza inimicizia nei confronti di Mogol .

INTERV.: Senti Francesco, il tuo disco “Il bandito e il campione” è stato sicuramente un disco fortunato, tant’è vero che anche il tuo fratello Luigi, che poi è l’autore della canzone pilota dell’album, ha ricevuto un premio significativo proprio al Club Tenco e la canzone “Il bandito e il campione” è stata giudicata come la più bella canzone del 1993. Ecco, ma in questo disco, ma anche e soprattutto nei concerti che tu hai fatto ultimamente, hai proposto molte cover. Questo è un momento fortunato anche per le cover, penso a “The boxer”, a “Vita spericolata”, a “Sfiorisci bel fiore” di Jannacci, “Anidride solforosa”, lo stesso Battisti con “Anche per te”. Come mai questa scelta di proporre cover sia in disco che durante i concerti?

DE GREGORI: Sembra quasi che tu l’abbia fatto apposta a farmi questa domanda , perché dopo il discorso di Mogol, dell’interprete, del cantautore…viene a fagiolo. Si, perché alla fine io mi diverto anche a cantare canzoni di altri, non mi sento così legato mani e piedi al mio ruolo di cantante che interpreta continuamente se stesso, mi va benissimo cantare canzoni di altri, se mi piacciono, se mi stimolano, se le trovo interessanti. Magari non saranno tutti capolavori queste cover che hai detto (secondo me si comunque), però…in realtà il ruolo di interprete o di autore uno se lo sceglie volta per volta, non ci dev’essere una ricetta. Io quando salgo sul palcoscenico, per fare due ore di musica, di lavoro, di arte, di artigianato, preferisco non avere davanti un percorso obbligato, è successo spesso e i ragazzi della band lo sanno e ormai ci ridono, ma i primi tempi erano terrorizzati, perché io mi voltavo e dicevo: “adesso facciamo questa” e loro non sapevano che cos’era, e suonavamo così… senza rete.

INTERV.: Francesco ti diverti a spiazzarli un po’ i tuoi compagni di lavoro?

DE GREGORI: Si, anche loro però si divertono spiazzare me spesso, ci sono degli “scherzi”, c’è un gioco continuo di provocazione sul palco: cambiare un accordo in un certo punto, accelerare il ritmo in un altro, alla base c’è un professionismo e un rispetto reciproco soprattutto per me che sono il cantante, però io mi diverto a spiazzare loro e loro a volte fanno delle cose che spiazzano me. La gente in realtà di tutto questo si approfitta divertendosi, è tutto a favore del pubblico, il pubblico paga il biglietto, quindi…

INTERV.: Da sempre Francesco nei concerti ti ritagli uno spazio da solista, mandi via la band, rimani da solo con la tua chitarra, l’armonica naturalmente, che è fondamentale, quanto la voce, e quali canzoni ti piace più proporre da solo e quali invece con la band, come decidi?

DE GREGORI: Questa è una buona domanda, mi rendo conto che per quello che sono stati i concerti passati, mi sembra di fare da solo le canzoni in qualche modo più legate al mio nome, per esempio le più famose, “Rimmel”, “Buonanotte fiorellino”, proprio perché non riesco a rifarle con la band e con gli arrangiamenti del disco di allora, quindi mi cavo d’impaccio facendole soltanto con la chitarra e l’armonica, quindi stravolgendole completamente: gli levi il basso, gli levi la batteria, gli levi la parte ritmica, e le fai più tue, però cambiano da sera a sera, e poi ci sono delle sere che nella scaletta c’era “Pablo” alla fine, e invece io nel set acustico, a metà dello spettacolo, me la sono fatta da solo con la chitarra. Perché? Perché mi tirava così, mi andava così, quella sera “Pablo” non andava fatta con la batteria, ma andava fatta soltanto con la chitarra e con l’armonica. E’ una questione legata all’umore mio e anche della gente che mi sta davanti o almeno l’umore che io credo abbia la gente che mi sta davanti.

INTERV.: Ti voglio parlare anche da ascoltatore, da frequentatore dei tuoi concerti. Quando tu proponi queste canzoni da solo con l’armonica e con la tua voce e spesso ,appunto, le stravolgi, da ascoltatore mi sento un pochino privato di quella che era la versione originale che rimane legata nelle pieghe della memoria a dei momenti più o meno belli, ma comunque emozionanti. Non pensi che stravolgendola c’è un po’ di violenza nei confronti del pubblico o no?

DE GREGORI: Violenza è una parola terribile! Non credo, anche perché poi, se uno vuole, va a casa e si risente il disco…non è che io tolgo qualcosa, casomai aggiungo una nuova versione che per me in quel momento è importante, ma non è che tolgo quella vecchia. Chi fa il mio mestiere ha la possibilità che per esempio il pittore non ha. Il pittore una volta che ha fatto il quadro è quello, una volta che lo ha esposto, lo ha venduto, non può andare più ad aggiungere una pennellata. Anche il regista che ha fatto un film, un volta che è stampato, rimane quello. Invece chi fa il mio mestiere può anche cambiare una canzone, questo è un privilegio. Il mio mestiere ha tanti svantaggi, ma anche questo vantaggio, allora questo me lo prendo.

INTERV.: Prima di arrivare al concerto vero e proprio, Francesco, ci sono sempre le cosiddette prove. Come ti organizzi in questa fase del tuo lavoro e come nascono quindi anche gli arrangiamenti nuovi durante queste session pomeridiane, prima del concerto?

DE GREGORI: Il momento più brutto delle prove è quando cominciamo a fare un canzone che non facciamo da un po’ di tempo e io non mi ricordo le parole…perché succede no? Siccome io le prove non le faccio mai a Roma dove abito, ma in Romagna dove c’è la ditta che mi noleggia gli impianti, non ho i miei dischi a portata di mano. Allora mando sempre qualcuno a comprare il mio disco per sapere com’erano le parole… (ridono) …quindi ci si rimette a sentire questo disco e viene fuori un arrangiamento che qualche volta era di dieci anni fa, di vent’anni fa, e questo ci da la misura di quanto poi in realtà siano cambiate le canzoni, il modo di suonarle. Perché nessuno va alle prove già in partenza col disco. Io vado alle prove e dico: “Facciamo “Pablo” …”, ma “Pablo” è come me la ricordo io in quel momento, non cerco di rifarla uguale al disco. Quando invece questa verifica del disco si rende indispensabile, perché il testo quello è, c’è un momento di scollamento…penso: “Quindi io ero così anni fa? Anni fa pensavo che il basso dovesse fare questo, ma come facevo a pensarlo? Non mi piace più, non deve fare questo…”. A dimostrazione che le prove sono un momento emozionante, un momento vivo del mio mestiere, perché lavorano su un oggetto di repertorio, se vuoi, un oggetto vecchio, ma senza connotazioni negative, un oggetto a cui la gente è affezionata in quella dimensione, in quella versione, ma che per me invece è diverso, è modificabile e modificata. Modificabile e modificata in quel momento ma anche in futuro. Il bello delle prove è questo.

INTERV.: Francesco, hai usato la parola “repertorio”, che secondo me è importante. Nel tuo “repertorio” ci sono delle canzoni che sono state definite politiche, e sembrano a risentirle oggi, quasi delle profezie. Ti fa piacere o no di aver giocato questo ruolo quasi da “profeta”?

DE GREGORI: No. Non credo che una canzone abbia più valore di un altra se c’ha un valore profetico. Una canzone o è bella o è brutta, e poi anche il fatto che siano profetiche secondo me è relativo, perchè secondo me un artista ha più tempo degli altri per guardarsi intorno, per guardare la propria contemporaneità e quindi per analizzarla. Perciò a volte sembra che veda il futuro, in realtà vede con più diligenza, con più attenzione, forse con più intelligenza il suo presente. Riesce a leggere il momento in cui sta vivendo, con maggiore calma, con maggiore serenità e quindi probabilmente poi queste canzoni sembrano guardare oltre. In realtà guardano semplicemente il presente, molto meglio di quanto non facciano i giornalisti o i pubblicitari o I discografici…gli artisti hanno questa freccia al loro arco.

INTERV.: A proposito di frecce, gli artisti cercano anche sempre di scoccarne di nuove, nel senso che si inventano nuovi modi per proporre le canzoni, per esempio sto pensando a quella che è un po’ diventata un moda, cioè dei dischi “unplugged” , i dischi fatti in presa diretta. Pensi di farne uno anche te Francesco, ti intriga quest’idea, oppure è una cosa che lasci ai tuoi colleghi?

DE GREGORI: Beh, io li ho sempre fatti un po’ in questo senso, i dischi unplugged, i dischi acustici o comunque i dischi senza eccessivi ingredienti tecnologici, senza eccessive sovrapposizioni. Nella misura in cui questa è una moda, mi appassiona poco, però devo dire la verità, i dischi unplugged che ho sentito, quelli stranieri, Neil Young, Rod Stewart, Eric Clapton, mi sono piaciuti tutti quanti molto. Credo che i miei siano stati sempre un po’…cioè la spina non l’ho mai attaccata…c’ho sempre messo venti giorni a registrare un disco e altri venti a missarlo, quindi…è sempre stato un lavoro fatto in tempo reale.

INTERV.: Per tradizione familiare, mi sembra che tu abbia un rapporto particolare con quelli che sono l’oggetto libro, l’oggetto biblioteca e cose del genere. In questo momento quali sono le opere che più ti intrigano, che più ti stimolano e più ti portano alla lettura, magari notturna?

DE GREGORI: Guarda, in questo momento niente. E’ un periodo che non sto più leggendo nessun libro, addirittura nemmeno il giornale mi scatena più quell’ istinto aggressivo la mattina. Prima se non leggevo il giornale la mattina era come se non prendessi il caffè, invece adesso…non lo so, si va a periodi, la lettura non dev’essere un precetto, se ti va leggi, se non ti va non leggi, non bisogna drammatizzare su questa cosa. Ultimamente ho preferito rileggere, sai che spesso uno dice:”Ho riletto Don Chisciotte”, invece l’ha letto per la prima volta. Invece io ho riletto un po’ di cose che avevo letto da ragazzo e mi sono piaciute molto. C’è mio figlio che sta studiando “I promessi sposi” a scuola, e mi sono riletto alcuni capitoli, capendo che è molto meglio leggerlo a quarantadue anni che leggerlo a quindici. La lettura da queste scoperte, ti fornisce questa benzina continua, è una miccia sempre accesa la lettura di un libro. Però non si può dire io leggo, io non leggo, e poi non leggere non è una cosa drammatica, se non leggi va bene uguale, magari ascolti dischi o vai a teatro.

INTERV.: Veniamo alla politica, un argomento di stretta attualità, siamo in un periodo abbastanza caldo in cui può cambiare tutto e bisogna tener gli occhi bene aperti (Novembre 1993). Secondo alcuni, tu sei uno dei cantautori più politicizzati d’Italia. Ma, apparte le tue posizioni personali, tu ti senti di avere mai scritto una vera canzone politica nel senso stretto?

DE GREGORI: No, devo dire di no, credo di no perchè le vere canzoni politiche sono quelle che io ho sentito cantare per esempio da Giovanna Marini, da tutto un filone di canzoniere politico italiano che c’è stato, c’è ancora, anche se adesso molto meno pubblicizzato, ed erano canzoni che chiamavano le cose col loro nome, erano canzoni molto dirette. Io dico di essere stato sempre un po’ un punto di passaggio, un anello della catena, fra quello che è la canzone di svago, la musica leggera vera e propria, e quella che è invece la canzone più direttamente politica. Io posso aver scritto qua e là delle canzoni che parlavano della realtà, e non soltanto delle mie avventure sentimentali, che sono il grande corredo della canzone popolare italiana, di San Remo. Io ho scritto canzoni per esempio come “Terra di nessuno”, “Pane e castagne”, “Dottor Dobermann”, “Sangue su sangue”, che in qualche modo sono canzoni che riguardano tutti, ma non sono canzoni politiche con la P maiuscola, ne politiche tra virgolette, per lo meno non nel senso ristretto della politica. Se però la politica è una cosa che riguarda tutti, ci riguarda quando andiamo in tram, quando andiamo a scuola, quando andiamo a fare la fila alla U.S.L., e anche quando al limite ci mettiamo con una donna, allora si, io ho scritto delle canzoni politiche. Però allora è politica anche “Buonanotte fiorellino”,capito? Non soltanto “Sangue su sangue”.

INTERV.: Dopo quello che possiamo definire ormai sicuramente e storicamente il crollo del comunismo, inteso come ideologia, come si sente una persona come te che si è sempre definita ed è sempre stata di sinistra e tale continua a essere?

DE GREGORI: Guarda, io mi sento benissimo, perché essere di sinistra vuol dire assumere dei valori, condividere dei valori, attuali. Non è vero che non esiste più la sinistra o non esiste più la destra, sono rispettabili tutte e due, per carità di Dio, però di fronte a ogni problematica sociale, questi sono due atteggiamenti diversi, per esempio sull’immigrazione, c’è un atteggiamento di sinistra e uno di destra, come sulla politica scolastica, sulla sanità o sulla disoccupazione. Quindi non è vero che tutto questo è superato perché è caduto il muro di Berlino. Io non sono mai stato a fare la fila per vedere il mausoleo di Lenin, non sono mai stato comunista in questo senso, sono sempre stato in Italia un uomo che ha votato per il P.C.I., Partito Comunista, finchè c’è stato e adesso ha votato per il P.D.S., ma questo voleva dire semplicemente collocarsi nella zona della politica italiana innovatrice. Io continuo a considerarmi parte di questa zona della politica e credo che i complessi di colpa casomai dovrebbe averli chi ha votato per la D.C. o per il P.S.I.. Mi sembra molto più grave il crollo di questo muro piuttosto che di quello di Berlino, che francamente è molto lontano da noi, ma soprattutto da me.

INTERV.: Delle nuove forze che in questo ultimo periodo si sono affermate nel panorama italiano, penso alla Lega di Umberto Bossi, penso all’ Alleanza Democratica, cosa pensi?

DE GREGORI: Di Bossi penso che non sia giusto dare una valutazione personale. L’uomo ha un atteggiamento arrogante e ricalca gli atteggiamenti già visti in Cossiga, cioè l’uomo che urla, insulta, offende, che dice delle cose che non dovrebbe dire e poi il giorno dopo smentisce o pretende di essere stato frainteso. Ma questo fa parte di un gioco politico, fa parte della sua intelligenza, magari un po’ animalesca, ma che sicuramente l’uomo ha. Mi stupiscono di più e sono più perplesso davanti agli elettori di Bossi, perché è gente, che non è che è stata su marte fino all’altro ieri, ma che probabilmente ha votato per partiti per i quali hanno votato tutti, molti credo per la D.C. per il P.S.I., e adesso improvvisamente scoprire con indignazione che tutti erano ladri, beh ma allora voi dov’eravate fino a due, tre anni fa. Credo che uno dei mali del nostro paese sia la capacità che ognuno di noi ha di riciclarsi, di scoprirsi antifascisti il giorno dopo essere stati fascisti: dopo il 25 Aprile in Italia non si trovava un fascista nemmeno a pagarlo oro, e in buona fede, magari uno c’aveva la tessera del fascio e l’aveva strappata il giorno prima…Noi dovremmo fare un operazione su noi stessi per rinnovare questo paese, poi dopo possiamo votare per Bossi, per Occhetto, per chi ci pare, ma se non ci chiariamo noi stessi, se non la smettiamo di essere trasformisti noi, questo paese non andrà avanti.

INTERV.: Francesco, la domanda che ora mi verrebbe subito da farti è questa: “come se ne esce da questa situazione?”, però invece non te la faccio, se ne esce ritornando al “Bandito e il campione”, che è stata definita da molti un genere “country”. Te sei d’accordo, è un genere che è dentro di te, che rapporto hai con la musica country, tuo fratello Luigi, queste cose…

DE GREGORI: La musica country è un genere musicale e la canzone “Il bandito e il campione” sicuramente attinge molto a quel genere, come ritmica e anche come testo direINTERV.: l’idea di narrare una storia è tipico della musica country. E poi insomma, la batteria suonata in quel modo, degli stilemi proprio country. Io credo che però, oggi chi fa musica debba conoscere i generi musicali, il country, il rock, il rap, la dance, ecc. e utilizzarli per quanto può, e se può. Senza però appiattirsi sui generi, sennò altrimenti si fanno delle fotocopie di cose che poi non hanno vitalità. Un musicista deve usare i generi musicali che gli stanno intorno come tanti strumenti, da adottare, da utilizzare, da mischiare insieme, per creare qualcosa di suo, qualcosa che abbia la sua firma. In questo senso allora la canzone, ma anche la musica di mio fratello è country, ma è soprattutto una canzone di Luigi Grechi e non può essere una canzone di altri artisti, è un esempio di genere musicale utilizzato bene. Non è detto che sto facendo pubblicità, né a me né a mio fratello, è solo quello che penso, non bisogna aver paura di dire quello che uno pensa.

INTERV.: Pubblicità per pubblicità, passiamo invece ad un’altra canzone che mi da lo spunto per farti una domanda precisa. “Povero me”, una canzone in cui tu dici “…i simpatici mi stanno antipatici, i comici mi rendono triste…”, ma te con chi ce l’hai, Francesco?

DE GREGORI: Questa è una domanda terribile…

INTERV.: Beh, diciamo allora che se non facciamo domande terribili, non si divertono i nostri ascoltatori…

DE GREGORI: Questa l’avete scovata col lanternino proprio. Ma, in realtà ecco, ti devo dire, c’è un mio fastidio un po’ per la satira. A me non fanno ridere, trovo che su certi argomenti non si possa scherzare. A me fanno ridere i comportamenti involontari delle persone, lo dico continuamente, quindi se uno si sforza di farmi ridere non ci riesce…”i comici che mi rendono triste” sono questi qua, eleggendo Forattini a caposchiera di questi qua. “I simpatici che mi stanno antipatici”, ad esempio la televisione al sabato sera, mette in vetrina tutti questi “simpatici che mi stanno antipatici”. Cioè sono quelli che ridono, che ti danno pacche sulle spalle, che si agitano, io preferisco gli antipatici, perché negli antipatici scava scava riesci a trovare la simpatia, nei simpatici, basta che scavi un poco e non trovi niente, trovi il nulla, dietro questa apparente simpatia trovi il vuoto e allora… Però è una canzone molto rissosa, mi avete fatto una domanda terribile…!Poi la cancelliamo questa qui…! (ridono)

INTERV.: Francesco, tu per questa puntata di Radio Tutto ci hai fatto un regalo, ci hai regalato una chicca in musica che ascolteremo alla fine dell’ intervista. Nei vuoi parlare un po’ ?

DE GREGORI: In questa cosa viene fuori tutta la tua toscanità…”una chicca”…Beh, la “chicca” come dici tu molto carinamente è una mia canzone registrata a Reggio Calabria, che è stata estromessa dall’album “Il bandito e il campione” perché non c’entrava, per motivi fisici, diciamo anche questo, alla gente che sta a sentirci. In un Compact Disc non entrano più di settantatre, settantaquattro minuti di musica. Questa io l’avrei messa volentieri però non c’entrava, allora l’ho sacrificata…tu mi chiederai: ”Perché proprio quella?”, insomma non lo so, perché quel giorno mi girava così, e mi fa piacere adesso avere l’occasione per poterla in qualche modo rendere pubblica e…buon ascolto, secondo me è una bella canzone, ma non dovrei dirlo io.

INTERV.: Aspettando il prossimo disco dal vivo di Francesco, perché anche altre canzoni meritano di essere fissate nella memoria del pubblico, ringraziamo tutti quanti per l’ascolto, a risentirci presto su queste stesse onde Radio Tutto, ciao a tutti quanti, ciao a Francesco De Gregori, grazie.